Il Papa beneventano: Vincenzo Maria Orsini – Benedetto XIII

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 A Benevento e dintorni chi non ha mai sentito parlare almeno una volta dell’arcivescovo Orsini? La risposta è positiva per la quasi totalità dei cittadini ma il problema sta nel fatto che ben pochi sanno collocarlo nel tempo e nel ruolo esercitato a favore dell’intero Sannio. Sono pochi persino gli studi sul personaggio che gli specialisti in fatti storici preferiscono approfondire limitandosi ad aspetti e situazioni del tutto settoriali. Per una lettura semplice e moderna sul cardinale di Gravina non esiste materiale in circolazione. O meglio non esisteva fino al testo di Giacomo de Antonellis, appena uscito per conto delle Edizioni Scientifiche Italiane quale primo quaderno dell’Archivio storico del Sannio sotto il titolo di Il Papa beneventano: Vincenzo Maria Orsini - Benedetto XIII.

Quattro sono le fasi biografiche messe in risalto in questo saggio: l’adolescenza del nobile Orsini con il maturare della vocazione religiosa; il suo ingresso nell’Ordine dei predicatori, facendosi Domenicano, fino alla travagliata accettazione del cappello da cardinale; la nomina alla cattedra episcopale in Manfredonia-Siponto, Cesena, Frascati, Porto e Rufina prima di raggiungere la sede   di Benevento ove ha lasciato un’impronta indelebile nel corso dei 44 anni di reggenza; infine la non desiderata elevazione al trono pietrino con il nome di Benedetto XIII che lo distoglieva dalla sua mistica visione di pastorale religiosa. Fece cose grandi da arcivescovo (novello San Carlo sul piano diocesano) ma anche da pontefice impresse tracce durature quale esempio vivo di umiltà e di pietà. Fra’ Maria Vincenzo si presenta pertanto come personaggio-chiave del territorio sannita a cavallo di due secoli difficili tra il declinante ambiente del potere clericale in ogni affare di Stato e di Chiesa al cospetto degli incalzanti orizzonti dell’evoluzione culturale nel Settecento. Un uomo del Sud, pugliese, tutto da scoprire e da apprezzare alla luce della sua attualità di sacerdote e di animatore sociale: non a caso la linea genealogica episcopale di Papa Francesco risulta collegata a Benedetto XIII (ecco una curiosità scoperta dall’autore di questa originale biografia) diventando in tal modo suo diretto “discendente” (Luigi Vinciguerra).

 

 

 

 

Ultime ricerche sull’epigrafia beneventana

Sul territorio sannita le antiche pietre hanno sempre parlato per raccontare personaggi e vicende care alla memoria. Sono lapidi dotate di scritte, epigrafi, per dirla con l’esatta locuzione latina derivata dal greco έπί γραφή, letteralmente “scritto sopra”. Queste pietre costituiscono autentici monumenti in grado di offrire notizie straordinarie. Spesso si tratta di incisioni complesse e dubbie perché espresse con linguaggio criptico e segni convenzionali della loro epoca, il che rende assai impegnativa l’opera degli studiosi nel decrittare i simboli, e la difficoltà aumenta in presenza di mutilazioni su queste pietre che hanno sfidato il susseguirsi dei secoli e l’insensibilità degli uomini nei confronti delle avite testimonianze. Oggi questi reperti riescono a raccontare cose estremamente interessanti sulla vita quotidiana dei nostri predecessori facendo riemergere, dopo millenni di storia, quello che il buio aveva avvolto per secoli e secoli. Le epigrafi, dunque, quali fonti di sapere.

Bisogna allora salutare con gioia l’iniziativa di raccogliere in volume gli atti di un convegno del 2009 che vide specialisti italiani e stranieri illustrare nuove e conosciute scritte sulla pietra di epoca romana. Il merito della pubblicazione va alle edizioni “La Provincia Sannita” e alla tenacia di Paola Caruso che ne ha curato la redazione degli studi interventi e ne ha coordinato la stampa sotto il titolo di Antiqua Beneventana ovvero La storia della città romana attraverso la documentazione epigrafica. Cinquecento pagine dense di immagini, spiegazioni, citazioni, riferimenti a ricerche precedenti, bibliografia. Un solo rammarico: la messa in disparte del grande erudito settecentesco Giovanni de Vita che, con il suo Thesaurus Antiquitatum Beneventarum, dette assetto scientifico alla materia e aprì la strada a tanti studiosi da Feuli a Pacca, da Garrucci a Mommsen, da De Rossi a Zazo e persino ai contemporanei Buonocore, Camodeca, Chelotti, Corazza, De Carlo, De Palma, Felle, Iasiello, Maio, Melilli, Pagano, Rodriguez, Rotili Solin e Tomay che, in quanto autori di recenti approfondimenti, hanno collaborato con intelligenza a questa impresa. Un volume prezioso, dunque, che si aggancia idealmente ad altre opere monumentali quali il CIL Corpus inscriptionum latinarum, e le ICI Inscriptiones christianae Italiae nelle quali la voce “Beneventum” figura con peso quantitativo e dignità storica (Giacomo Tasso).